4 Giugno 2019

Al giorno d’oggi le farmacie e le parafarmacie offrono un’ampia gamma di integratori e probiotici. Il consumatore può quasi trovarsi confuso di fronte a una varietà così vasta di prodotti e quindi come distinguere un probiotico realmente efficace? SOFAR l’ha voluto chiedere a un luminare del settore, il professor Enrico Stefano Corazziari, Senior consultant del dipartimento di Gastroenterologia dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.
“I probiotici sono elementi vivi, che portano beneficio all’ospite che li ha ingeriti. Per sapere se sono realmente efficaci, è innanzitutto necessario ritrovarli vivi dopo che essi abbiano colonizzato l’intestino e abbiano svolto la loro funzione benefica”, ha spiegato il professore, e “La modalità di studio in vitro non è quindi sufficiente per stabilire la qualità di un prodotto; lo studio in vitro di elementi vivi è importante in una fase preliminare e deve essere condotto nel migliore dei modi in questa prima parte dello studio”.
Il prof. Corazziari ha sottolineato come, purtroppo, solo pochi probiotici presenti sul mercato italiano sono stati sottoposti a studi di recovery, successivamente alla prima fase in vitro: “Alcuni probiotici sono stati testati in vitro a pH 1,4, cioè molto acido, quando in realtà lo stomaco umano ha un pH differente”. Bisogna anche tenere conto della modalità di assunzione del probiotico, se a stomaco vuoto o nel periodo successivo al pasto: “Anche in questo caso il pH varia, e va considerato come fattore”.
In conclusione, quali sono i criteri di valutazione più idonei per l’efficacia di uno studio? Il prof. Corazziari lo spiega chiaramente: “Innanzi tutto, negli studi in vitro, serve una maggiore rispondenza rispetto al corrispettivo organico umano. Ma qualsiasi studio in vitro, seppur ben condotto, non sarà mai efficace tanto quanto uno studio di recovery, perché il probiotico, essendo un elemento vivo, deve essere in grado di colonizzare e svilupparsi a sufficienza nell’ospite, e infine deve essere recuperato vivo”.